Nato a Bristol nel settembre del 1921 è tra i grandi poeti moderni. La sua poesia, colta, è un essenziale vitale esplorazione dell’esistenza.
Grande conoscitore di Dante, Peter Russell ha vissuto l’ultima parte della sua vita in Italia dove muore nel 2003 nell’ospedale di San Giovanni Valdarno. Ha il tempo di inviare, nell’estate del 2000, una raccolta dattiloscritta di poesie a Raffaello Bisso, “con preghiera di traduzione”. Qualche anno dopo lo studio e la traduzione dai “Sonnets” a cura di Bisso saranno pubblicati nel libro di Peter Russell, This is not my hour, edizioni del Foglio Clandestino.
“Sono poesia e non la faccio, e per sempre. E i giorni passano, mescolati nel vetro magico, il futuro e il passato: la storia fusa insieme all’avvenire, al non ancora visto. E suggerisce l’immaginazione, fedele e ferma: come le stelle. Il resto è confusione, e così vive la massa - - ‘Molto rumore’, e cose basse, e basta.
Non m’interessano finzioni e fantasie. Ragione sempre pronta, io sogno le immagini della mente Universale, scortato dall’intransigente Dea che non concede sogni vani autoindulgenze. Inconfinabile è Immaginazione”.
Il libro contiene sonetti, fotografie dell'autore e riproduzioni di documenti autografi, anche note e commenti, studi e saggi, e la poesia fuori dal tempo di Russell che affonda le radici in una grande passione. “… Peter parlava spesso della corrispondenza tra misura del pensiero, del verso e del respiro come chiavi dell’architettura dell’espressione. La metrica come respiro del pensiero e quindi della sua scrivibilità: La poesia dice come si sente pensare, mi disse un giorno al tavolino del bar della piazza di Castelfranco”, scrive Bisso.
“Il mondo, com’è, non ti resta che accettarlo,/ e senza il minimo potere di cambiarlo./ Solo cercare a chi dare la colpa:/ ai politici, al demiurgo inetto: o all’interesse./ Oppure dì che Perversione/ si è insinuata da ogni parte e poi/ ha steso il suo sudicio mantello/ a ricoprire questo funerale, già magnifico un tempo, - -/ e progressivo. Già, un tempo./ Una volta, piangevano i dolenti …”.