Un diavolo grande e con un lungo passato alle spalle racconta ad un giovane apprendista i trucchi del mestiere.
Come abbindolare l’umanità e portarla sulla sua strada senza che se ne accorga. Pensando invece di aver determinato il suo miglior destino.
“Lavora indefessamente, dunque, sulla disillusione e il disappunto” scrive Berlicche in una delle sue lettere al giovane nipote.
La vita è sempre in bilico e il Diavolo lo sa, “In ogni settore della vita essa segna il passaggio dalla sognante aspirazione alla fatica del fare”, ed è lì il momento di intervenire, di tracciare il solco.
Clive Staples Lewis, nato nella fredda Belfast, autore del ben più famoso Le cronache di Narnia, in Le Lettere di Berlicche, edito da Mondadori e tradotto da Alberto Castelli, affronta con piglio filosofeggiante la discesa verso il male. Epurandola dalla violenza, dalla crudeltà, con un taglio chirurgico in ogni parola.
“La strada più sicura per l’inferno, ricordalo, è quella graduale…è il dolce pendio, il soffice suolo, senza brusche voltate, senza pietre miliari, senza indicazioni”. Le piccole scelte quotidiane, apparentemente innocue che si sommano, una dopo l’altra, e creano il cammino verso un baratro dal quale è quasi impossibile tornare indietro. E come confondere a tal punto la mente umana? Come portare dall’altro lato della strada? “Il Rumore, grandioso dinamismo, espressione udibile di tutto quanto è esultante, spietato, virile, il Rumore, che solo ci difende da stupidi rimorsi, da scrupoli disperanti, da desideri irraggiungibili. Noi vogliamo, infine, fare di tutto l’Universo un rumore. Abbiamo già fatto grandi passi in quella direzione per ciò che si riferisce alla Terra. Le melodie e i silenzi del Cielo verranno infine soverchiati dai gridi”.