C’è una pianta che cresce solo d’estate. In autunno, inverno e primavera è intrigo di rami che appaiono secchi.
Quando arriva l’estate si trasforma. Vedi le foglie spuntare rigogliose, di un verde intenso, ricoprono rami tra le rocce, tra le pietre delle vecchie costruzioni. Il Cappero del Salento sceglie lui dove nascere, puoi trovarlo, alzando il capo a guardare il cielo tra i vicoli stretti di un qualunque centro storico, pendere da un angolo irraggiungibile di un palazzo del settecento tra la pietra leccese. Puoi scovarlo tra i massi calcarei in aperta campagna, tra gli scogli in riva al mare, accanto a un palo in cemento per i cavi dell’energia elettrica. Ha qualcosa di selvaggio la pianta del cappero, lei che sceglie dove crescere, ha qualcosa di naturale. Resiliente e resistente, solitaria, lotta contro il vento, il caldo torrido, la siccità. Non è da tutti saper scegliere un posto dove vivere, anno dopo anno rinvigorirsi, rifiorire. Rifiorire, non tutte le piante hanno la fortuna di vedere i bocci fiorali trasformarsi in fiore. Quelle facilmente raggiungibili dagli indigeni salentini infatti vedono strapparsi da abili mani tutti i bocci, i capperi. Ecco la vera ricchezza, i capperi, piccoli graziosi si conservano sotto sale o sott’aceto per poi finire un po’ ovunque, su pizze e pitte, carni e insalate, pesce e legumi. Forse non si mettono nel brodo e nel latte, ma per il resto son buoni con ogni pietanza. Le piante invece che vedranno i loro fiori, quelle sì che sono allegre e spensierate, non temono l’uomo e il suo deturpare, loro si illuminano di bianco e viola, decorano i palazzi e i vecchi castelli. Delicati ed eleganti i fiori della pianta del cappero sorridono al sole e danzano lievemente al soffio del vento. C’è amore in un fiore di cappero da donare al proprio amore in mancanza o volendo che sia una rosa. Questa frase mi ricorda una canzone del poeta compositore Mino De Santis: “Sotta na chianta de chiapparu nasciu sta storia d’amore quando se cchiara ncuati la Pantalea cu lu Tore … tieni stu fiuru de chiapparu ia ulutu essa na rosa – sotto una pianta di cappero nacque questa storia d’amore quando si tovarono accovacciati Pantalea e Tore … tieni questo fiore di cappero, avrei voluto fosse una rosa”. Aspetto chiusa in casa, resiliente, resisto, che arrivi l’estate.