Uno strato di zucchero per coprire, avvolgere, una mandorla, bianca. Antico rito di dolcezza, fatto di miele indurito, buono auspicio.
Li conoscevano i romani, narrano alcune fonti. Certamente nel 1200 erano noti tra le famiglie nobili in Italia, nella loro variante al miele, lo zucchero è conoscenza più recente che ha preso il sopravvento. Il cuore è ancora una mandorla, ma anche una nocciola, un pistacchio, cioccolato. Ricordi da bambino sostare fuori dalla chiesa ed attendere l’uscita degli sposi e il lancio di ben auguranti confetti, grossi bianchi e piccolissimi con il centro speziato. Ricordi finita la scuola il sagrato imbiancato rivelava la celebrazione di un matrimonio, i confetti ammucchiati da raccogliere e pulire nelle tasche del grembiule bianco come un fiocco di neve. Oggi non si usa più, si evita di sporcare, il gesto affidato ad una confettata in delicati sacchetti da porgere agli invitati. Nessuna grossa scatola nel quale affondare le mani e dispensare gioia ai bimbi sui marciapiedi in trepidante attesa.
Confetti, rossi per la laurea, celesti per la nascita di un bambino, rosa per le bambine, bianchi per matrimonio, battesimo, comunione e cresima, argento per i 25 anni di vita insieme e d’oro per i 50. Evoluzioni che restano confinate alle norme igieniche che hanno tolto il sorriso di un tempo.
Confetti, specialità di Sulmona. Ad Andria poi un vecchio laboratorio ancora attuale regala gioie inaudite. Piccole praline al cioccolato bianco, al latte o fondente, alla frutta, con dentro mandorle, nocciole, liquore. Come resistere ad un infinito susseguirsi di piacevoli prelibatezze? Meglio rassegnarsi e continuare il gioco, uno tira l’altro.