È una danza magica, è un collegamento con altre dimensioni, si viene rapiti dal suono ritmico dei campanacci.
È un rito, codice tramandato di padre in figlio, origine ignota che c’ è da quando si ha memoria, cuore ritmico sardo. Arrivano in orario, i bagagli logori dal tempo e dalle strade percorse, dal peso degli elementi che aprono la porta a nuove identità, lungo rito di vestizione, abito di velluto nero, mastruca, (veste ricavata da una pelle di pecora nera) e poi le imbracature di cuoio con appesi i campanacci, campaneddas ladas, dai più grandi alla più piccoli, 35 chili sulle spalle. Per i Mamuthones. Poi si vestono gli Issohadores, nero, bianco, rosso, con i fazzoletti impreziositi da delicati ricami e gli ornamenti impreziositi da campane luccicanti e ricami.
Poi il via. Ed è subito coinvolgimento mentale, calate le maschere sul volto l’uomo lascia spazio ad un’altra identità. Tramite, collegamento, ecco cosa si crea, un ponte spazio temporale dove la coscienza si annulla. Due tipologie di figure, una scura e tetra, una chiara e allegra. Dialogano, dettano tempi, ed è viaggio in un mondo ignoto. Non si resta indifferenti al rituale, alla presenza scenica, al ritmo, ai gesti, agli odori, è percorso sensoriale. È sangue per loro, sangue nel senso di vita, di scorrere di stagioni che si alternano e si contrappongono, è ciclo temporale, primavera e inverno, è annata agraria, una finisce e l’altra che fiorisce.
Siamo in pochi stasera dicono invitando tutti al carnevale di Mamoiada in Sardegna. Lo fa il sindaco di Mamoiada, Luciano Barone, dal palco di Altra Tela del Festival Itinerante La Notte della Taranta a Soleto, ricordando il rituale propiziatorio che I Mamuthones e gli Issohadores svolgono il 17 gennaio intorno a 40 fuochi.