Non compaiono più come prima notizia nei telegiornali, non sono più un’emergenza. Per le migrazioni non servono più i toni allarmistici.
Le carrette del mare, uomini e donne e bambini stipati, solcano ancora i nostri mari in cerca di una sponda sulla quale trovare libertà, ma l’indifferenza è questione di abitudine. Viaggi di speranze, aspettative e desideti. César Dezfuli, giornalista e fotografo documentarista ispano-iraniano, il primo agosto del 2016 ha fotografato i 118 volti delle persone che furono salvate da un gommone alla deriva e poi condotti in Sicilia. 118 ritratti, 118 volti, storie sui visi e negli occhi. Dezfuli non puo fermarsi a questo primo passo ha bisogno di dare voce ai volti e successivamente intraprende una lunga ricerca dei 118 passeggeri per scoprire cosa li ha spinti a lasciare i loro paesi, quali tormento hanno vissuto nel loro viaggio e quale realtà vivono ora.
In “Passengers” Dezfuli documenta le storie di queste 118 persone dietro ad ogni ritratto, il percorso, la storia, la vita di ognuno di loro. Perché una foto può raccontare l’istante ma ha poi bisogno di riconoscere quel passeggero, dargli un nome da associare ad un volto, ascoltare una voce che è storia contemporanea.
Nelle sale di Palazzo Palmieri a Monopoli per il PhEST, leggere le storie è come scoprire una parte di noi stessi, è comprendere che l’azzurro del mare è rotta per una nuova conquista di libertà. Nulla è sottratto, tutto è umanità. Nel porto sicuro nel quale viviamo non ci accorgiamo delle cime che man mano si serrano, dei nodi che si stringono e l’approdo è un fermo. L’immagine dei passeggeri, dei migranti è tornare a capire la vita.