La vita è la sua fonte di ispirazione. Quella nei parchi, nei caffè, sulle rive della Senna, è dalla quotidianità che attinge per le sue tele.
Sincerità, precisione, nessuna interpretazione, i caratteri salienti della pittura di Éduard Manet, l’artista francese nato a Parigi nel 1832.
Spesso incompreso dalla critica contemporanea del suo tempo, la sua opera Colazione sull’erba sarà oggetto di scandalo e ilarità durante l’esposizione nel salone ‘dei rifiutati’ del Salone ufficiale nel 1863. L’olio su tela che raffigura una donna nuda circondata da due uomini vestiti seduti sull’erba è reputata oscena. Non sarà l’unico nudo di donna protagonista delle opere dell’artista francese che sa cogliere il particolare di ogni corpo ritratto restituendolo nella sua reale essenza.
Sono solo due gli autoritratti che Manet dipinge, lui preferisce ritrarre sua moglie, il figlio, gli amici e i conoscenti, Zola, Mallarmé, Monet, Théodore Duret, tutti colti nella loro singolarità, quasi indifferenti e assenti al momento, come gran parte delle figure dei suoi quadri.
I colori sono dominati, come le emozioni, i protagonisti isolati, l’espressione fissa e assente, il loro pensiero non è chiaro, l’osservatore può solo ipotizzarlo lasciandosi guidare dalle linee, dai contorni, dalle sfumature. Manet dipinge anche il mare che ben conosce e al quale lascia dominare gran parte delle tele in cui è raffigurato.
Per l’artista francese “la natura morta è la pietra di paragone del pittore” e lui ritrae ostriche, meloni e pesche, il limone e gli asparagi, ma anche fiori, peonie, papaveri, lillà, con una delicatezza che restituisce la sostanza del presente.
C’è tutta la poesia della vita, la bellezza della modernità, c’è un’impressione che è legata ad un momento sospeso, immediato, reale, distinto, fissato con disarmante abilità su una tela e per questo reso eterno. Oltre il domani.