Quando la pioggia non cade, il cielo è limpido e le nuvole sono solo sui fumetti, impossibile trovare un arcobaleno che diffonda allegria.
La tavolozza dai colori intensi perde di significato dinanzi il vociare fragoroso delle chiacchiere inutili buone per riempire pagine di giornali che nessuno leggerà e inondare i social di commenti gratuiti e inopportuni. Duilio che non ha voglia di tornare a casa per pranzo vuol prendere aria, cercare un arcobaleno interiore, un faro che lo guidi verso la felicità. Dal pensiero all’azione è un attimo, il tempo di inforcare la bici e pedalare verso la marina. Cerca un faro Duilio. Il più vicino è quello di San Cataldo, bianco, piccolo, familiare. Sempre rassicurante con la sua discreta presenza. Sempre riconoscibile per ciò che è, un faro.
Si ferma sul lungomare per osservarlo da lontano, lì oltre il molo di Adriano. Poche centinaia di metri. Calcolare distanze con gli occhi è una passione che ha da bambino. Sorride mentre una leggera tramontana increspa il mare, il vento fresco tiene lontano dall’acqua i nuotatori. D’improvviso una piccola onda si infrange sulla sabbia, tra le gocce contro il sole si intravedono arcobaleni. Ora sì, Duilio ha il suo faro e la sua rifrazione della luce. Nel gioco delle parti lui sa che la battaglia è solo rimandata.
Occorre un nuovo inizio, una nuova forma. Il faro parla a tutti naviganti, inutile escludere o inglobare in sottoinsiemi. La visione è unica e comprende tutti. Lo insegna il faro che segnala la costa. Tornare a casa ora è una pedalata leggera.