Sulle pietre levigate lungo la via il sole restituisce calore, in un giorno qualunque di luglio, quando vorresti stare al mare, il corpo in ammollo.
Ma inspiegabilmente ti ritrovi qui, nella Grecìa salentina. Qui dove alle 15.30 le serrande sono chiuse, non passa nessuno e il rumore dei condizionatori accesi stride con l’irreale silenzio. Dorme il paese, o meglio protegge il fresco delle casa tenendo le porte serrate.
Tra i vicoli del centro storico una porta aperta concede l’ingresso al visitatore, il legno consumato dal tempo cede l’attenzione alle pareti affrescate e il tempo, con loro, è stato meno clemente.
È la piccola Chiesa di Santo Stefano a Soleto, in provincia di Lecce. Sulla facciata gli elementi gotici si fondono con quelli dello stile romanico tradizionale. Il piccolo campanile a vela bilancia il portale a protiro ed il rosone. Costruita probabilmente intorno al 1347 ha subito diversi interventi, i cicli pittorici, alcuni ben visibili, risalgono alla fine XIV secolo. Sulle pareti laterali la vita di Santo Stefano e quella di Cristo prendono forma in stile medievale. L’abside propone l’icona della Sapienza, Santa Sofia e i quattro evangelisti e nella parte superiore la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e Maria. Sulla controfacciata il Giudizio Universale.
Varcare la piccola soglia e trovarsi rapiti dai dettagli di una narrazione consueta eppure sempre nuova, scorgere lettere greche tra i cartigli dei santi, osservare il male, il demonio, il bene, Cristo e la sua luce. Dalle piccole finestre il sole non basta, ed ecco luce artificiale ad illuminare introvabili particolari. In questo lembo di terra, che sa di passato e di storia, di cultura e prestigio, qui a Soleto è doveroso passare e fermarsi per salutare Santo Stefano e tutto ciò che non c’è più, conservando tutto ciò che resta.