E’ estate e arriva lei, la bignonia irriverente come poche. Spavalda ed esuberante è l’Arturo Bandini dei fiori.
Incosciente nel suo diffondersi ovunque ci sia un appiglio, verso il cielo come fosse un albero, sui muri come fosse calce, sulle siepi come fosse foglia.
Non ci sono conseguenze di cui vuol prendersi la responsabilità.
Lei con la sua miriade di trombette che suonano una musica impossibile da ignorare. Invade tutto, senza riguardo per lo spazio altrui, tutto parla di lei. L’estate è lei, la bignonia arancione ridondante senza vanità. Lei non è come l’ortensia, paga della sua manifesta bellezza, troppo sicura del suo incanto, ama far innamorare tutti di sé per il semplice piacere di voltarsi e guardare compiaciuta lo stuolo di ammiratori.
Nulla, nulla a che vedere con la lantana che è bella perché forte e indipendente, noncurante di tutto ciò che le ruota intorno. La lantana cresce dove poco altro ha l’ardire di crescere e prosperare e ha come unico scopo macchiare ogni grigiume di un rosso intenso che sfuma nell’arancio e si chiude in un giallo intenso come il sole a mezzogiorno. Bella e semplice amica del geranio, che nasce sapendo di doversi dividere, moltiplicare all’infinito, per diffondere parti del suo cuore, quei petali lievi come piume.
E poi c’è il girasole, che arriva dopo le tempeste di sabbia che hanno reso arida la terra, dopo la povertà dei contadini costretti a raccoglier cotone tagliandosi le mani e insanguinando le capsule bianche e candide. Il girasole arriva dopo il furore e racconta di una terra che ti ubriaca con i suoi spazi sterminati.
E insieme raccontano una stagione che è una festa dei sensi, che sia l’oltraggio, la passione o la tenerezza di un semplice fiore di campo, promessa di un amore puro e senza fine.